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MANIFESTO PER UNA FORMAZIONE SOSTENIBILE 

comunicazione

 

Il nostro percorso di approfondimento sul ruolo di una formazione sostenibile si conclude (per ora!) con questo articolo: siamo partiti dai criteri per scegliere la formazione; abbiamo proseguito con il rapporto tra formazione e cliente; una serie di distinzioni sull’attenzione; uno spazio verso la Scuola, il ruolo e l’importanza della voce che forma

Ci sembra quindi utile concludere con il “nostro” manifesto per una formazione sostenibile. 

 
 
 

✓ Formazione sostenibile e non solo formazione per la sostenibilità 

Sentiamo troppo spesso parlare di formazione per la sostenibilità (verso l’istruzione di qualità, l’uguaglianza di genere, il lavoro dignitoso, la riduzione delle disuguaglianze, la promozione dell’empowerment delle donne e le altre aree che fanno parte dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite) senza una riflessione sul fatto che la formazione deve anch’essa essere sostenibile: che senso avrebbe impegnarsi verso nuove e importanti mete, mantenendo quella mentalità e quelle modalità che hanno contribuito a generare ciò che si vuole migliorare e superare? 

Il tema della sostenibilità e dello sviluppo sostenibile riflette con sempre maggiore consapevolezza su quale debba essere il modello di sviluppo utile a garantire alle future generazioni e alla nostra un mondo più equo e più giusto.  

Formare vuole dire anche far crescere, far evolvere, trasformare e non solo informare. Possiamo riuscire in questa impresa solo se lavoriamo e ci pensiamo in una rete più ampia e complessa. La formazione e l’istruzione sono una necessità più che un diritto della persona. Esse rappresentano una leva di straordinaria importanza per lo sviluppo della comunità e uno degli strumenti principali per valorizzare il capitale umano. 

“L’ istruzione e la formazione sono le armi più potenti che si possano utilizzare per cambiare il mondo” Nelson Mandela. Premio Nobel per la pace nel 1993. 

 ✓ Condizioni per una formazione sostenibile

 

La formazione per la sostenibilità, nelle sue varie forme e contesti, deve essere una formazione sostenibile, pena la non sostenibilità dei risultati. Quindi deve: 

 

  • Avere una mentalità evolutiva e collaborativa come ispirazione generale 

  • Credere nella formazione come una necessità e un investimento, non un costo: affermarlo è diverso da sostenerlo e manifestarlo nei comportamenti e nelle relazioni con tutti gli attori coinvolti 

  • Creare relazioni equilibrate tra area personale e area professionale, che non possono essere in contrasto bensì devono essere sinergiche, e svilupparle entrambe 

  • Pensare per sistemi, pensare per relazioni, guidare l’apprendimento 

  • Partire da un atteggiamento paritario e competente: la confidenza non deve mai essere a scapito della competenza né riversarsi in un comportamento up-down 

  • Conoscere, saper gestire e prendersi carico dei processi di apprendimento di chi entra in formazione e non limitarsi a fornire informazioni o a prescrivere comportamenti, del tutto insufficienti anche in caso di aggiornamento tecnico 

  • Dedicare attenzione alla persona anche quando si tratta di formazione in ambito tecnologico e scientifico, perché più la tecnologia è avanzata e straordinaria, più è importante che sia coltivata e adeguata la mente che la utilizza e la gestisce 

  • Co-costruire risorse con i fruitori della formazione e non travasare, erogare, trasmettere 

  • Lavorare sulla consapevolezza di sé e delle proprie modalità relazionali con se stessi, con gli altri, con gli eventi e con le esperienze 

  • Facilitare autonomia e interdipendenza e non essere guru-dipendente o legata a effetti speciali ed eclatanti, a personaggi solo perché famosi 

  • Favorire il senso di autoefficacia, di scelta, di proattività e di azione nella realtà con le condizioni che ci sono e non l’abitudine ad attendere soluzioni dall’esterno e ad auspicare condizioni che “sarebbero” migliori se…qualcun altro si decidesse a renderle tali 

  • Riconoscere la necessità dell’impegno, senza sottometterlo alla “facilità” e al “divertimento”; l’apprendimento e la formazione devono essere piacevoli, non divertenti, rilassanti, un momento di svago… Abbiamo a che fare con un gruppo di lavoro, non di amici durante una scampagnata 

  • Armonizzare tutte le fasi del processo formativo (dal rilievo iniziale al monitoraggio ex post) in modo che la “specializzazione” legata a una fase sia una risorsa e non diventi auto riferita 

  • Distinguere tra obiettivi, fini, mezzi, strumenti e metodologie, operando scelte accurate e funzionali, senza cadere nell’improvvisazione, nell’approssimazione, nel seguire mode… 

  • Tenere sempre presente che la formazione non è psicoterapia né sport estremo, anche se ogni attività umana reca in sé semi formativi che possono essere riconosciuti e coltivati 

  • Curare le relazioni con clienti, committenti e fruitori. Contraddire nei fatti ciò che si dichiara a parole è un pessimo palmares.  

  • Formare i formatori; non possono esistere mancanza di tempo, troppi impegni, ripetute rincorse delle scadenze o altri limiti alla continua crescita del formatore 

  • Studiare attività formative pensate apposta per questi destinatari e la loro specifica situazione, non adattare lavori pre-confezionati: la persona prima dell’argomento e della metodologia, non il contrario  

  • Pensare per scenari ampi e ipotesi plausibili per il futuro e non per previsioni basate su dati riferiti al passato e ri-proiettati in modo meccanicistico nel futuro 

  • Costruire una capacità di presagire basata sulla costruzione di opportunità futuribili: il ruolo degli scenari non è esattamente quello di predire il futuro, ma è quello di creare le ragionevoli premesse di una sua possibile realizzazione 

  • Cercare collegamenti sistemici tra elementi, aspetti, persone; non legami lineari causa-effetto, bensì connessioni anche inattese 

  • Favorire la ricerca dell’inaspettato, ossia come e cosa potrebbe modificare il trend considerato. Non è una conoscenza esatta del futuro, ma offre maggiore comprensione dei risultati e degli effetti (futuri) di eventuali decisioni (prese oggi) in diversi contesti 

  • Sviluppare l’attenzione non più solo ai dati hard (più facilmente identificabili e misurabili, magari numerici, spesso più “tranquillizzanti” dato che si possono “possedere”) ma ricercare anche l’accesso alle informazioni soft (non codificate e non semplicemente numeriche, hanno a che fare con la comprensione dell’intangibile, col clima e le relazioni) 

  • Valorizzare la persona e la sua esperienza verso un fine autentico e significativo 

  • Pertanto sia l’organizzazione, la progettazione, la realizzazione e la misurazione hanno la necessità di avere come principale modello di riferimento la visione sistemica del modello “…e…e…” più ampia e collaborativa di quella contrappositiva, lineare e meccanicistica del modello di pensiero “…o…o…”. 

  ✓ Conclusioni  

Il pregio di un manifesto sta nel fatto che prende una posizione e propone una serie di distinzioni dalle quali partire. 

L’inconveniente di un manifesto sta nel fatto che deve, necessariamente, generalizzare le affermazioni che contiene. 

Noi siamo disponibili a renderle più specifiche e fonte di riflessione. 

Contattateci! Tramite Federformazione vi sarà estremamente facile. 

Ileana Moretti e Vincenzo Palma 

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