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Trasforma il lavoro che hai nel lavoro che vuoi

Se avere un lavoro è un risultato già di per sé soddisfacente, soprattutto in una fase non facile come quella attuale, avere un lavoro che non soddisfa e nel quale la persona si sente bloccata scatena al suo interno una serie di contrapposizioni spiacevoli e a volte difficili da gestire.

Mantenere il lavoro e la situazione sgradita, a vantaggio della sicurezza acquisita?

Cambiarlo aprendo le porte all’incertezza, a vantaggio di un’auspicata soddisfazione?

Un’indagine svolta negli U.S.A. su 5.000 famiglie ha rilevato che solo il 45% è soddisfatta del proprio lavoro; nel 1987 la soddisfazione coinvolgeva il 60% delle famiglie intervistate.

Che il lavoro sia una delle questioni centrali della vita di ciascuno, è certo. Altrettanto certo è che il termine “lavoro” è legato per ciascuno di noi a un set ben specifico di esperienze del tutto individuali che gli danno il significato che noi gli attribuiamo. Infatti quando parliamo di lavoro, quando leggiamo del lavoro, ascoltiamo i notiziari che parlano di lavoro, quello che abbiamo o che scarseggia, quello di nuove o vecchie professioni, quello che i giovani cercano in Italia o all’estero, quello sicuro o incerto, quello dipendente o imprenditoriale, quello già definito o tutto da sviluppare, ciascuno di noi fa riferimento a questo nostro set di esperienze e quindi il termine “lavoro” pur così chiaro e comprensibile non è in realtà lo stesso per tutti noi. Prova ne è che alcuni amano lavori che altri mai si sognerebbero di fare. Conosciamo un commercialista al quale le cifre parlano e lo mandano in estasi quando se ne trova una montagna da sistemare e disporre ordinatamente con senso. E conosciamo qualcuno che pasticcia e suda freddo al solo dover preparare una fattura e accatasta moduli su moduli che “prima o poi” evaderà.

La prima questione riguarda quindi il modo in cui noi pensiamo il lavoro.

Che comprende anche gli scopi per i quali lo svolgiamo e i valori importanti per noi ai quali è legato. Leggendo “scopi”, per favore non pensate subito “denaro”! La questione non è essere o meno venali: a nessuno di noi interessa il denaro in sé se non come mezzo per ottenere qualcosa che effettivamente desideriamo e che è importante per noi. Queste cose importanti sono valori (il bene della nostra famiglia, coltivare un interesse o relazioni, condurre una vita piacevole; se si tratta di oggetti, un po’ come il denaro sono mezzi che consentono di ottenere riconoscimento, gioia, benessere, autonomia… I valori sono questi, non l’auto, la casa, il viaggio ai Caraibi o il cellulare di ultimissima generazione, che ci possono interessare per…).

E poi: è lavoro svolgere sempre la stessa attività, nello stesso posto e con gli stessi orari? Per qualcuno è la realizzazione di un sogno, altri l’hanno definito “galera”. Parliamo di un lavoro dipendente, con una regolare retribuzione mensile e un contratto a tempo indeterminato, o magari di un lavoro autonomo, in cui oltre a svolgerlo bisogna procurarselo, trovare il modo di farsi pagare, interagire coi clienti e le loro aspettative, aggiornarsi costantemente, pensare a lungo termine e ad ampio raggio? Entrambi sono “sicuri” ed entrambi sono “incerti”. In realtà la vera sicurezza del lavoro sta nella persona, è costituita dal bagaglio di esperienze, competenze, motivazioni, passioni, voglia di ingaggiarsi che ciascuno di noi può portare sempre con sé. Una persona così non sarà mai senza lavoro, perché riconoscerà negli eventi quotidiani le opportunità e non si sentirà mai sommersa dalla realtà e bloccata.

Fortunella ha poco più di 30 anni, lavora in una multinazionale del settore alimentare, fa parte del middle management nell’area marketing, raggiunge sempre gli obiettivi che le vengono assegnati e per ottenere questo risultato è costretta a impegnarsi molto anche se questa sua dedizione non emerge. Facile capire che non è soddisfatta. Dedicando così tanto tempo al lavoro, fuori dall’ufficio è presa da attività quotidiane assolutamente necessarie. E si sente in trappola, bloccata. Considerato il periodo di crisi, preferisce resistere che cambiare, ma ogni settimana è più dura.

La seconda questione riguarda la nostra volontà e il nostro interesse a prendere l’iniziativa e a sperimentare cambiamenti possibili.

Qualcuno ora può pensare “non ci sono cambiamenti possibili nel mio lavoro”. Ma a quali cambiamenti state pensando? Occorre scegliere qualcosa che dipenda da noi, che non necessariamente debba essere di vasta portata. Basta poco per iniziare, e sarete sorpresi dagli effetti che un piccolo cambiamento può produrre. In un ufficio sono cambiati il clima e le relazioni, da quando una delle sette impiegate ha deciso di iniziare ogni mattina con un “buongiorno!” pronunciato con voce allegra e decisa, accompagnato da un sorriso e sostenuto dal pensiero che fosse effettivamente un buon inizio avere davanti una giornata di lavoro da condividere con altre sei persone che ormai conosceva bene.

La nostra manager Fortunella decide di dare al suo lavoro una nuova configurazione e di realizzarla, usando le sue conoscenze tecniche per aiutare altri team che lavorano nel marketing a sviluppare la comunicazione tramite i social network, senza “invadere” le aree altrui.

A livello di compiti, comincia a pensare a una nuova merendina per teen agers, non solo come prodotto, ma come occasione per migliorare la comunicazione tra i settori marketing e vendite, proverbialmente poco efficace. Una campagna su Facebook e Twitter farebbe crescere il rumor e renderebbe più attenta l’azienda a questo target. Per tenere traccia delle comunicazioni tra i due settori, lancia anche un blog. In pratica migliora ciò che altri team stanno facendo, favorendo lo sviluppo di team e individui che possano creare valore per altri.

A livello di relazioni, Fortunella si fa aiutare da un collega, che sceglie perché intrattiene migliori relazioni con il settore vendite e ne apprezza i gadgets con cui spesso giocherella. L’idea è quella di rifocalizzare e ricostruire rapporti con altre realtà dell’azienda per pianificare mosse future. In un mese questo “team trasversale” scatena un’ondata di interesse per l’integrazione dei supporti tecnologici realizzata. Fortunella è riconosciuta come guida in questo processo, infatti gli altri si rivolgono a lei per scoprire di più sui suoi progetti. In pratica facilita un clima di fiducia reciproca, senza derogare dai suoi compiti, anzi rendendo centrali per l’organizzazione i nuovi che aggiunge e si fa aiutare da chi più facilmente la può sostenere nell’incertezza degli inizi.

A livello di percezioni, invece di considerare il suo lavoro come l’inevitabile sgobbata quotidiana, Fortunella si vede come innovatrice tra il settore marketing, vendita e uso di tecnologie; considera se stessa come una sorta di imprenditrice pioniera che non teme sperimentazioni ed esperienze che uniscono due mondi. Queste “nuove” strategie inoltre non l’allontanano dai suoi obiettivi tradizionali, al contrario trova approcci più stimolanti per raggiungerli.

Il tipo di operazione effettuato da Fortunella sulla sua attività lavorativa può essere considerato job crafting, uno strumento potente per mappare il proprio lavoro, riconfigurarlo e aggiungere proprie motivazioni e un tocco personale, trasformando il lavoro che abbiamo in quello che desideriamo. Siamo noi che possiamo gestire questa operazione, senza attendere soluzioni esterne che, provenendo da altri, potrebbero non arrivare mai o essere la classica brace in cui finiamo dopo essere stati nella padella.

Possiamo stabilire cambiamenti significativi e persistenti nel nostro lavoro a prescindere dal ruolo e dalla situazione economica; il primo passo fondamentale consiste nel fare un passo indietro dalla routine quotidiana e realizzare che abbiamo davvero le abilità per riconfigurare gli elementi del nostro lavoro. Siamo noi che diamo forma al nostro lavoro!

Spesso, leggendo esempi come quello di Fortunella, proviamo da un lato interesse e voglia di sperimentare e dall’altro la sensazione che è facile parlare, ma poi nella pratica….

Uno degli aspetti meno promossi della Programmazione Neurolinguistica, ma sicuramente il più affascinante, solido e utile consiste proprio nella sua capacità di entrare nel “come”.

Come posso fare un passo indietro dalla mia routine quotidiana, per esempio?

Un solo passo, ma altamente significativo. Per metterlo in pratica dobbiamo gestire i nostri stati emotivi, utilizzare i nostri sensi per riconfigurare i nostri abituali scenari, modificare il nostro punto di vista.

E gestire i nostri stati emotivi comporta conoscere come funzionano i nostri processi relazionali con noi stessi e con gli altri e i modi di attribuire significati; usare i nostri sensi comporta sviluppare la nostra acutezza sensoriale e la nostra capacità di riconoscere e gestire il feedback nelle comunicazioni; modificare il nostro punto di vista comporta riconoscere dinamiche relazionali e il modo in cui elaboriamo e archiviamo le nostre esperienze per creare quella che è definita la nostra “mappa del mondo”, che può essere più o meno aperta a contemplare ciò che è nuovo, diverso, altro da noi.

E tutto questo mantenendo con noi stessi e con gli altri una relazione paritaria, collaborativa ed “ecologica”.

Ecco uno scorcio di PNL; questo e molto altro viene proposto nel Master di FormAti. Praticare la PNL significa imparare “come” realizzare questi interventi per noi stessi e per facilitare gli altri; significa cooperare con noi stessi e con gli altri senza prescrivere o imporre; significa progettare e realizzare una qualità di vita e di lavoro soddisfacenti incrementando le risorse di cui disponiamo; significa guidare le nostre esperienze e le nostre scelte con maggiore ricchezza; significa non solo ottenere ciò che desideriamo, ma soprattutto desiderare ciò che otteniamo. Ed esserne fieri.

Di job crafting hanno cominciato a parlare un gruppo di ricercatori olandesi guidati da Bakker e in seguito Wrzesniewski, Berg, Dutton, in un articolo sull'Harvard Business Review del giugno 2010.

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